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In Piazza Duomo, a pochi passi dalla cattedrale, sorge il museo archeologico provinciale F.Ribezzo (MAPRI).

Negli anni '50 finalmente la città ebbe il degno collocamento dei reperti che un tempo erano stati raccolti nella chiesa di San Giovanni al Sepolcro da meritevoli brindisini che in tempi non sospetti si erano prodigati per la conservazione e lo studio delle tracce lasciate dai nostri avi. Infatti, già nel 1762 il canonico A. De Leo iniziò a raccogliere numerosi reperti che affioravano durante gli scavi nella città; purtroppo gran parte di essi andò persa. Poi fu la volta del Tarantini, al quale va il merito di aver impedito la distruzione di gran parte dei monumenti brindisini. Fu proprio il Tarantini ad istituire il museo presso la chiesa di San Giovanni al Sepolcro. A continuare l’opera di raccolta e studio del Tarantini fu nel diciannovesimo secolo un altro canonico, il Camassa, meglio noto come “papa Pascalinu”. Nel 1956 fu inaugurato l’attuale museo costruito a fianco al portico erroneamente denominato  “Dei Templari” e rispettandone nell' aspetto esteriore lo stile. Il museo è stato oggetto di un restyling con una riorganizzazione del percorso didattico sapientemente e scenograficamente ben riuscita.

La nuova disposizione museale permette di ripercorrere le tappe fondamentali del popolamento dell’area brindisina a partire dal paleolitico superiore (12.000 a.C.) fino all’età romana. Esaustivi pannelli illustrativi corredati da immagini, accompagnano i reperti esposti.

 

Dopo aver attraversato l’atrio che conserva elementi architettonici appartenenti a diverse epoche ed aver oltrepassato il punto di accoglienza, si giunge nella prima sala che conserva reperti organizzati per tipologia e provenienti dalle diverse collezioni (De Leo, Tarantini, Marzano, Gora); vi troviamo produzioni vascolari di tipo Attico, Apulo, Gnathia, trozzelle; antefisse, urne in vetro, unguentari, lucerne.

 

Collezione statuaria ed epigrafica 

Nel piano seminterrato è custodita gran parte della collezione statuaria ed epigrafica.

Le statue di carattere funerario e decorativo, provenienti da edifici pubblici e privati, consentono di definire l'importanza di Brindisi come municipium romano. Importantissima e ricca è anche la collezione epigrafica. Le iscrizioni, che coprono un vasto arco temporale che va dall'età repubblicana fino al terzo secolo, sono in lingua messapica, latina, greca ed ebraica, a testimoniare, dunque, la sedimentazione e la varietà delle popolazioni che abitavano Brindisi nell'antichità. Le stele sepolcrali ci tramandano l'esistenza di personaggi che sembrano essersi salvati dall'oblio del tempo, come il negotiator (mercante) della Bitinia, il publicus victimarius (personaggio addetto ai culti sacrificali), Lea, la giovane di religione ebraica nel cui epitaffio c'è l'augurio che le vengano aperti i giardini dell'Eden. Altre iscrizioni onorarie e provenienti da edifici pubblici ci tramandano decreti municipali e decisioni di organi magistratuali anche in relazione a precisi avvenimenti storici.

 

Preistoria e messapi

 

Il vero e proprio viaggio attraverso la storia inizia al primo piano nel quale sono disposti in diverse vetrine utensili in selce del paleolitico superiore provenienti dall’area di Giancola frequentata sin da 12000 anni fa.

La successiva sala raccoglie testimonianze di una importante civiltà che visse nelle nostre terre a partire dal età del ferro, ovvero la civiltà Japigio-messapica.I reperti provengono da differenti centri messapici della provincia a poche decine di km da Brindisi come Valesio, Muro Tenente, Muro Maurizio, Ceglie, Carovigno. Di particolare importanza è la tomba proveniente da Valesio con un' iscrizione messapica dedicatoria a Demetra.

In una sezione apposita sono esposti i rinvenimenti fatti all’interno del centro urbano come la famosa tomba di via Bari e i reperti della necropoli protocorinzia di via Torpisana.

          

 

 

Brindisi romana

 

Nella sala successiva si possono ammirare le numerose testimonianze che attestano l’importanza di Brindisi nel periodo romano come epigrafi, (famosa quella “del mercante”), capitelli di età ellenistica con protomi umane, frammenti di ceramica prodotta in diversi punti del mediterraneo.

 

Proseguendo nel percorso si possono osservare le testimonianze statuarie raccolte nel centro urbano della città, dove in età romana sorgeva il foro, il luogo più frequentato della città. Proprio nel foro fu accordato il permesso alla nobile famiglia di Clodia Anthianilla,una giovane letterata brindisina, di erigere una statua che ne celebrasse le virtù.

 

La necropoli di via Cappuccini

 

I successivi spazi sono dedicati alla necropoli di via Cappuccini che, durante gli scavi del 1982, restituì ben 238 sepolture. Fra i reperti più antichi  esposti, risalenti al III secolo a.C., ricordiamo una trozzella, dei tintinnabula e una bellissima bambola in terracotta.In un’altra bacheca sono esposti reperti del II secolo a.C. come lucerne, unguentari, piccoli vasetti ed uno strigile.

 

Successivamente sono messi in mostra reperti risalenti al periodo romano imperiale, come: specchi, calamai, pedine per giochi ecc…, ma di grande interesse sono anche le bellissime urne cinerarie in vetro. Queste ultime venivano poste all’interno di un'osteoteca fatta da due blocchi di pietra, consentendo così la conservazione ottimale dell'urna in vetro trasparente quasi sempre di colore celeste. Al centro della sala possiamo ammirare un modellino dell’intera area di scavo, con numerose tombe ad inumazione e incinerazione; sono inoltre esposte anche alcune iscrizioni latine provenienti sempre dalla necropoli.

 

 

Archeologia subacquea e bronzi di Punta del Serrone

 

Molto suggestiva la sezione dedicata ai reperti marini, a cominciare dalle anfore e dal ricco materiale ceramico che si è trovato nel porto;

La collezione dei bronzi è importantissima a livello mondiale. La maggior parte dei reperti fu rivenuta nel 1992 poco al largo del lido dei carabinieri. Probabilmente, una nave proveniente dall'Oriente, in epoca tardo antica, con un carico di bronzi destinati alla fusione, fece naufragio davanti la costa. Molto scalpore destò la scoperta nei primi anni '90, e fu merito della direzione e del personale tutto del museo l'allestimento della sala che avrebbe ospitato i reperti: i bronzi tornarono dopo i restauri a Brindisi !

Per citare solo alcuni dei bronzi, ricordiamo la “testa del filosofo” (Antistene?), sapientemente illuminata in modo che l'occhio lapideo appaia acceso di luce vitale, la statua virile del “principe ellenistico”, probabilmente il console Lucio Emilio Paolo, la statua di Polydeukion, giovane discepolo del ricco e potente mecenate greco Erode Attico, la testa di una statua di bambina di età antonina, dallo stile assolutamente verista e ritrattista. Tra le ipotesi di provenienza dei reperti più preziosi si pensa proprio a una villa di Erode Attico in Grecia o, più probabilmente, al santuario di Delfi.

 

Il percorso della visita termina con la riproduzione di una nave oneraria romana con le anfore disposte nella sua stiva, come se fosse pronta a salpare per lidi lontani; il modello ricorda per certi aspetti il relitto scoperto a Torre Santa Sabina, con ancore in piombo o in pietra e vari oggetti navali rinvenuti, oltre che nel porto di Brindisi, anche in approdi minori come Giancola, Savelletri.

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